martedì 7 gennaio 2014

In silenzio, alzandosi presto la mattina e rimboccandosi le maniche


Il 2014 si apre all’insegna dell’operazione Fiat di Marchionne. Un ulteriore passo avanti nella grande sfida che vede coinvolta l’azienda torinese (ancora per quanto?) per la sopravvivenza.

Pur comprendendo le critiche che gli vengono mosse da più parti lo considero  da sempre un grande manager che gioca al meglio la sua partita con le carte (tutt’altro che buone) che ha in mano.

La partita non è chiusa, ora dovrà gestire un debito importante e colmare il puzzle delle alleanze (mazda e suzuki?) per riuscire a penetrare i mercati asiatici che ad oggi sembrano tra i pochi promettenti per un settore come quello dell’auto.

Contemporaneamente leggo il post di auguri in cui un amico che stimo molto rissume il 2013 della sua società la Berto Salotti.

Due realtà molto diverse, da una parte una grande multinazionale e dall’altra una piccola impresa artigiana. Due realtà che hanno fatto dei loro punti di debolezza (per Fiat il rischio fallimento, per Berto le dimensioni artigianali) dei punti di forza.

Rischiando e probabilmente resistendo inizialmente a qualche battuta malevola dei concorrenti hanno valorizzato le carte che avevano in mano ed in silenzio, alzandosi presto la mattina e rimboccandosi le maniche hanno costruito la loro visione, il loro modo di fare impresa in un Paese che rema contro ed in un Mercato che non cresce.

Mi piace leggere una morale e dei punti in comune in due esperienze per molti versi cosi distanti tra loro, punti che in qualche modo rivedo nell’operare di tutti quegli imprenditori grandi e piccoli che stanno costruendo il futuro delle loro imprese nonostante la crisi:
  • L’imprenditore: la persona, la sua storia, il suo sudore, la sua capacità di coagulare le risorse, di fare squadra, di trascinare e di disegnare una visione del futuro;
  • La squadra ed i giovani talenti: ancora una volta le persone, l’aver voglia di costruire e “tenere in piedi la baracca”. Saper selezionare e coltivare giovani talenti, dentro e fuori la propria impresa è fattore critico di successo;
  • Le alleanze ed il fare rete: sapere che la propria impresa non basta più, e questo conta sia per l’impresa artigiana sia per la grande corporate;
  • La Storia: Fiat riscopre la 500, Berto costruisce l’azienda sulle capacità artigiane del padre e dello zio, due persone che sono e restano al centro della comunicazione e dei pensieri di Filippo;
  • Il saper raccontare la propria storia: che non è sempre facile, che non è la stessa cosa di avere una storia. Riscoprire la propria storia, riviverla, valorizzarla, estrarne i valori su cui costruire il futuro. Essere artigiani può allo stesso tempo significare in negativo una realtà di dimensioni limitate, a bassa scolarizzazione, superata, oppure una grande tradizione, qualità, legame con il territorio e capacità di innovare. Spesso in molti hanno la stessa storia, in pochi sanno rileggerla e valorizzarla. Se ci pensate lo stesso vale per Fiat, la 500 era un successo legato a tempi remoti, di utilitarie spartane ed a basso costo, vincente in un Italia che non c’è più. Invece è diventata la leva per trasformare la Fiat da industria di automobili ad industria del lusso, modificandone la strategia (ancora attuata del tutto e con di fronte mille difficoltà sia chiaro). 
  • Il rapporto con l’università: Se la grande impresa ha sempre utilizzato consulenti di nome tra cui molti professori, solo da poco le porte delle università si sono aperte alle PMI. In poche hanno saputo sfruttare,  alcune hanno avuto l’umiltà di ascoltare e la forza di apprendere non supinamente i modelli proposti ma di adattarli alla loro realtà creando un processo di osmosi e di apprendimento reciproco tra università ed impresa.
  • Il guardare oltre: oltre i propri confini nazionali prima di tutto (ormai il premine internazionalizzazione è abusato) ma anche oltre il proprio settore, oltre i sentieri già tracciati, rimetendosi in discussione. Se Fiat disegna strategie ispirandosi ai player del lusso, Berto Salotti sogna dimenticandosi di essere una PMI e si comporta da grande impresa (e so cosa significa per Filippo in termini di lavoro no stop e di malditesta).
  • Il made in Italy: valorizzare il proprio marchio associandolo alle qualità storiche del made in Italy.

Questo è un Paese in cui troppo spesso si raccontano storie invece di imparare a raccontare la propria Storia. Restiamo orgogliosi e curiosi, nonostante tutto. 

La tecnologia oggi consente anche alle PMI di poter sognare in grande, le difficoltà sono molte ma dobbiamo e possiamo tornare a sognare.

Questo post è il mio editoriale di inizio anno su www.mysolutionpost.it , in questo post forse è anche un po scritta la nostra storia, la storia di Studio Panato.


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